Terapia

Il giorno dell’intervento
Concordato il giorno e l’ora per l’intervento, il paziente digiuno si presenta all’accoglienza della clinica. La responsabile dell’accettazione, dopo aver svolto le procedure amministrative, lo affida allo staff infermieristico del reparto, che espleta tutti i processi propedeutici all’accesso in sala operatoria.
L’anestesista quindi incontra il paziente e valuta le condizioni generali, la presenza di eventuali allergie, prende visione degli accertamenti diagnostici effettuati. Infine ascolta le eventuali esigenze o domande del paziente prima di accedere al blocco operatorio.
La permanenza in sala operatoria, per un’ernia semplice, è di circa un ora. Durante l’intervento il paziente è perfettamente vigile, assistito dall’anestesista e dal personale infermieristico., che monotorizza e controllo i principali parametri cardiorespiratori, pronto ad assisterlo in qualsiasi bisogno dovesse presentarsi
Tornato in reparto un fisioterapista affianca il personale infermieristico ed insegna alcuni esercizi che possono facilitare la ripresa.
Il paziente si alimenta e deambula immediatamente; dopo che ha urinato senza problemi può essere dimesso, sempre accompagnata da un congiunto.

Il nostro trattamento non prevede la ripetizione pedissequa di una singola tecnica, bensì la conoscenza di una gamma di possibilità terapeutiche tra le quali individuare e selezionare la metodica più adeguata al singolo paziente ed alla singola ernia: un trattamento personalizzato “su misura”.
Infatti se è probabile che una parte delle ernie, comunque trattate, portano ad una soluzione definitiva, è altrettanto vero che per molte situazioni le particolari condizioni anatomiche, la corporatura e l’età del paziente, la presenza di patologie anche gravi associate, richiedono un trattamento personalizzato in cui la competenza, l’intuito e l’esperienza del chirurgo fanno la differenza nel raggiungere l’obiettivo auspicato.
Preparazione del paziente, anestesia locale scelta della metodica di trattamento, scelta dei materiali, della protesi e della tecnica per il suo impianto sono i punti fondamentali che richiedono competenze ed esperienza di equipe medico infermieristiche dedicate a queste patologie della parete addominale.
Questa nostra cura dei dettagli è capace di migliorare e garantire una sicurezza dei risultati e la ripresa pronta di tutte le attività fisiologiche del paziente.
L’anestesia
Studi ed esperienze nei centri di chirurgia dedicati a questa patologia hanno dimostrato che la sola anestesia locale è in grado di migliorare i risultati. È garanzia di riduzione delle complicanze di ordine generale, le più pericolose per il trattamento di questa affezione. La collaborazione del paziente vigile consente al chirurgo di modulare la tensione delle suture e di riconoscere, facendolo tossire, eventuali piccole ernie associate che altrimenti potrebbero essere misconosciute e portare alla recidiva.
Al paziente sono evitate le fastidiose conseguenze di una narcosi e di un allettamento prolungato: ritenzioni urinarie, che costringono al catetere, tromboflebiti, problemi respiratori, alterazioni cardiocircolatorie.
L’anestesia locale, vantaggiosa in tutti i casi, diventa fondamentale nei pazienti anziani e per chi è affetto da malattie neurologiche, respiratorie, cardiologiche, metaboliche per i quali l’intervento in narcosi sarebbe precluso o rischioso. In questi pazienti il ritorno dopo poche ore alla propria abitazione ed alle proprie abitudini, evita il disorientamento e la confusione legata al nuovo ambiente ospedaliero.
La convalescenza
Con la sola anestesia locale ben condotta, l’intervento è indolore e meno rischioso. Si evitano complicanze e i rischi dell’anestesia generale (fastidiose cateterizzazioni vescicali, cefalee post-operatorie, tromboflebiti, ecc.).
Il paziente deambula e si alimenta immediatamente; una volta che ha urinato senza problemi, dopo il controllo del chirurgo, torna a casa .
L’anestesia locale, indiscutibilmente vantaggiosa in tutti i casi, diventa ideale ed insostituibile nei pazienti anziani ed in coloro che , in quanto affetti da malattie neurologiche, respiratorie, cardiologiche, metaboliche, sarebbero esposti in anestesia generale ad un rischio troppo elevato o per i quali l’intervento sarebbe addirittura precluso.
Con l’anestesia locale si apre per tutti la possibilità di una chirurgia radicale e sicura, con convalescenza semplificata.
L’intervento di ernia di per sé ha una durata breve ed il regime ambulatoriale o in day hospital snellisce molto e sdrammatizza la procedura. Tuttavia stiamo parlando sempre chirurgia e come tale “non va presa sottogamba”: la convalescenza ed i risultati dipenderanno in primo luogo dalla capacità e dall’esperienza del chirurgo, dalle sue scelte di strategia, di tecnica, di materiali utilizzati.. Allo stesso tempo è il paziente con le proprie aspettative, il proprio carattere, la propria motivazione a guarire, che influenzerà il tempo di ripresa ed il l’esito dell’intervento.
I dati parlano chiaro: ancora oggi, per una patologia tanto benigna, il tasso di complicanze risulta eccessivo e troppo spesso i pazienti (fino al 25%) lamentano dolori post-operatori persistenti e convalescenze lunghe e fastidiose a dispetto del trattamento in regime ambulatoriale o in day hospital.
L’analisi della nostra esperienza offre risultati nettamente migliori. Selezioniamo per ciascun paziente la strategia chirurgica, la protesi ed i materiali più idonei per quella singola, specifica situazione: una terapia individuale con una cura di tutti i dettagli sia chirurgici che anestesiologici..
L’ernia si può paragonale alla protrusione della camera d’aria attraverso un battistrada lacerato; la terapia mira in primo luogo alla riduzione della camera d’aria protrudente, quindi alla riparazione della lacerazione del pneumatico.
Scopo dell’intervento chirurgico è quello di creare un piano di resistenza valido in corrispondenza di questa lacerazione.
SOLUZIONI CHIRURGICHE
SUTURA DIRETTA
Intervento per via Anteriore
PROTESI
Intervento per via Anteriore
LAPAROSCOPIA
Intervento per via Posteriore
SUTURA DIRETTA
La sutura diretta, raggruppa una serie di tecniche, in cui il chirurgo, con ago e filo chiude il foro dei tessuti da cui è fuori uscita l’ernia (senza uso di protesi). Le più diffuse sono la tecnica di Bassini, la tecnica di Shouldice e quella di McVay.
INTERVENTO DI BASSINI

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INTERVENTO DI SHOULDICE

INTERVENTO DI MCVAY

>> Il nostro orientamento:
raccomandiamo queste soluzioni in casi particolari (e.g.: recidive in cui è necessario rimuovere protesi pregressa, pazienti giovani, ambiente settico etc.).
Il nostro centro, ha praticato e studiato i postumi operatori di queste tecniche per decenni.
Oggi queste tecniche sono considerate obsolete, ma in specifici casi possono essere ancora la soluzione più valida.
LE PROTESI
La “retina“
La prima domanda che un paziente pone oggi al suo chirurgo è: “ma mi mette la retina?” come se questa di per sé fosse la garanzia del risultato e la soluzione ottimale per tutte le ernie. Non è così.
Esistono centinaia di “retine”: piane, bi o tridimensionali; riassorbibili, non riassorbibili, parzialmente riassorbibili, biologiche. Altrettante sono le tecniche, i principi e le sedi per impiantarle. Al chirurgo spettano tutte queste scelte, da cui dipenderanno il risultato finale, confort post operatorio, degenza e recidive e l’esposizione al rischio di complicanze nel breve termine ma anche a distanza di anni.
PROTESI PIANE
Le protesi piane sono distese tra muscoli e fasce, parallele al piano della fascia trasversalis (azzurra) che vogliono rinforzare; vengono inglobate tra fasce e muscoli, sede ideale per la loro integrazione.

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fig. 8
Il rinforzo della regione inguinale è affidata ad una protesi suturata perimetralmente, che si distende dal legamento inguinale a ricoprire i muscoli.

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Infine si richiude l’aponeurosi dell’obliquo esterno
PROTESI TRIDIMENSIONALI
Le tridimensionali prevedono l’impianto di una “tappo”, quello che viene chiamato il “plug”. Le aziende produttrici le hanno realizzate nelle forme e dimensioni più varie ed astruse. Come si vede nella foto si ha un foro che si chiude con un plug. Tuttavia in termini di risultati immediati ed a distanza non hanno mantenuto le aspettative. Infatti non offrono al paziente alcun valore aggiunto, ma espongono a loro volta a rischi e complicanze gravi, anche a distanza di anni ,ingiustificabili per una patologia innocua e benigna come l’ernia. Noi ne siamo contrari.

Qui si rappresentano i 2 elementi protesici alla base di ogni intervento che prevede l’inserimento di un plug (P) nell’orificio inguinale interno ed una protesi piana (F) distesa sopra la fascia trasversalis.

L’ernia è pronta per essere ridotta attraverso l’orificio erniario, al di sotto della fascia trasversalis.
In cartuche il plug, il tappo, chiude l’orificio.

Il plug rappresentato in questa fotografia è uno dei più diffusi. L’anello metallico rappresenta l’orificio inguinale interno in cui si posiziona l’elemento protesico
APPLICAZIONE DEL PLUG





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Il plug inserito nell’anello inguinale interno (A). Si nota il contatto stretto con il cordone spermatico (C)

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Questo stretto contatto è ancora più evidente in questa figura della parete posteriore della regione inguinale, ossia dall’interno dell’addome.
Si dimostra l’adiacenza ai vasi, al deferente. Inoltre la sua protrusione e sporgenza all’interno dell’addome può causare lesioni dei visceri e della vescica.

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Come in tutti gli interventi precedenti con accesso anteriore si conclude con la chiusura della aponeurosi dell’obliquo esterno
>> Il nostro orientamento:
raccomandiamo la personalizzazione dell’intervento e valutiamo di volta in volta la tecnica e la protesi più adatta al singolo caso. Non crediamo esista un ‘protocollo di cura’ applicabile a tutti. La nostra esperienza clinica, l’aggiornamento continuo dei nostri chirurghi, ed una analisi strutturata dei risultati ottenuti, ci consente di sviluppare la migliore soluzione terapeutica.
LAPAROSCOPIA
Per comprendere le finalità ed il principio di un trattamento di un’ernia inguinale con approccio laparoscopico ci serviamo di un altro esempio, quello di una recipiente, una vasca da bagno, con un foro da cui fuoriesce l’ acqua. Per ripararla applichiamo una toppa dall’interno come è ben evidente nel disegno.


La laparoscopia è chiamata tecnica chirurgica mininvasiva. E’ questa mininvasività che ne ha determinato l’enorme successo e la diffusione. Ma quando parliamo di mininvasiva ci si riferisce a come si accede, ossia come si penetra in addome: con delle piccole incisioni della cute l’operatore introduce in addome dei trocars (tubi di plastica) attraverso questi una telecamera e gli strumenti per effettuare l’intervento, che solitamente è sovrapponibile a quello effettuato aprendo l’addome in chirurgia tradizionale.
Nell’ernia si raggiunge la regione inguinale dalla parete posteriore, dall’interno e si applica sulla regione inguinale posteriore una protesi.
Il nostro orientamento:
raccomandiamo l’accesso laparoscopico nelle recidive da intervento con accesso chirurgico anteriore, e nelle ernie bilaterali in accordo con le attuali linee guida.

Nel disegno è rappresentata la regione inguinale vista dall’interno dell’addome rivestita dal peritoneo (giallo), in trasparenza lascia intravedere le strutture sottostanti

Il peritoneo nella tecnica per via laparoscopica transperitoneale va rimosso nell’area del cerchio , quindi si applica la protesi a “toppa” che viene ricoperta con la chiusura del peritoneo.

Eliminate le ernie e preparata la parete posteriore si crea un’ampia tasca in cui distendere la protesi

La protesi è stata distesa

Il peritoneo ( giallo) si richiude a rivestire la protesi
SOLUZIONI NON CHIRURGICHE

INIEZIONE SCLEROSANTE
La scleroterapia consiste nella pratica iniettiva di sostanze che inducano una reazione fibrotico-cicatriziale finalizzata al contenimento dell’ernia.
Presentata come una terapia semplice, ambulatoriale, indolore e radicale è in effetti gravata da un tasso di complicanze e recidive intollerabili.
>> Il nostro orientamento:
non prevediamo l’uso di questa metodica ritenuta inefficace e con rischi inaccettabili.

CINTO
Per quanto criticati, ancora oggi i cinti suscitano un interesse in chi è affetto da questa patologia. Di solito è il paziente che sceglie la via del cinto: desidera o ha la necessità di procrastinare l’intervento, o lo teme. Riteniamo quindi giusto parlarne.
Il loro fine è di impedire la fuoriuscita dell’ernia mediante una compressione meccanica esterna sulla regione inguinale. Tuttavia la continua permanenza, il costante attrito e compressione da parte del cinto sulla regione inguinale causa un triplice ordine di problemi:
Problemi psicologici, perché il cinto è comprensibilmente invalidante in una normale vita di relazione.
Problemi igienici per la sudorazione, l’irritazione e talora macerazione locale della cute responsabili di sovra infezioni spesso micotiche, comunque resistenti alle terapie.
Problemi anatomici conseguenti alla fibrosi delle strutture della regione schiacciati e strette dal cinto; si facilitano sindromi aderenziali viscero- parietali a loro volta responsabili di un accentuato rischio di strozzamento e di incremento delle difficoltà nell’eventuale, successivo, atto chirurgico.
>> Il nostro orientamento:
sconsigliamo questa soluzione, limitandone l’uso unicamente in quei casi in cui sia indispensabile procrastinare l’intervento.